Ecco il manifesto ufficiale che accompagnerà la stagione 2022 di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa. Nasce da un’opera di Arnold Schönberg dal titolo Gaze (Die chinesische Mauer); il progetto grafico è di Carmelo Iocolano.
La 57° stagione della Fondazione INDA al Teatro Greco aprirà con la messa in scena di due tragedie, ‘Agamennone’ di Eschilo (458 a.C.) e ‘Edipo Re’ di Sofocle (415 a.C.),che segnano l’origine della storia del teatro e della coscienza umana.
Dal 17 maggio al 9 luglio: Agamennone di Eschilo, Edipo re di Sofocle, Ifigenia in Tauride di Euripide.
Il 6 luglio verrà riproposta per una sola sera Coefore Eumenidi di Eschilo nell’allestimento del 2021, mentre l’8 e il 9 luglio, due serate evento con l’Orestea in versione integrale: saranno messe in scena uno dopo l’altro i tre drammi di Eschilo, Agamennone, Coefore, Eumenidi.
Tutte le info sulla nuova stagione www.indafondazione.org o chiamando il numero 0931487248, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17.
Quando i turisti che passeggiano per Marzamemi mi chiedono se Pachino valga una visita, l’unico posto che mi sento di indicare come imperdibile è il Museo del Vino di Nele Nobile, l’unico luogo dove si respira ancora la storia di Pachino.
Nele Nobile è una di quelle rare persone ancora capaci di raccontare una storia e di regalare con questa una magia, uno storyteller siciliano, un aedo, un cantore moderno che, non disponendo di un testo scritto, diventa a volte anche compositore. E sa incantare al punto che le foto dell’articolo sono state fatte da mia figlia di 9 anni, affascinata anche lei da una storia che sa che non deve andare dimenticata ma tramandata.
Già, perché prima delle distese di serre, questa terra baciata dal sole e dal vento era disseminata di viti ad alberello (di greca derivazione) che crescevano rigogliose in filari a perdita d’occhio. Il clima asciutto, il vento di scirocco e i terreni salmastri creano infatti un’atmosfera particolare che, oltre ad entrare nell’anima dei viaggiatori, regalano le migliori condizioni per la coltivazione della vite.
A partire dal XVIII secolo, infatti, il vino Nero di Pachino, ricchissimo di polifenoli, antociani e resveratrolo, ora noto ed affermato universalmente come Nero d’Avola, fu utilizzato come vino da taglio per arricchire i vini toscani, piemontesi e francesi. Il Nero Pachino 48 ore, con una gradazione di 16/17°, fermentava infatti con le bucce per 2 giorni, prendendo da queste il colore e i tannini. Aggiunto ai vini meno strutturati, trasmetteva loro forza, colore e durata.
Grande era l’indotto derivato dalla vendita del mosto ma grande era anche il valore sociale, oltre che economico, della vendemmia, che coinvolgeva gli abitanti di Pachino e quelli dei paesi limitrofi. Un vero propio rito, un momento di aggregazione sociale, una festa per grandi e bambini, che nonostante la fatica della giornata la terminavano suonando e ballando nell’aia.
Poi la protagonista diventava la piazza di Pachino, dove venivano portati i campioni di mosto per l’assaggio e l’analisi degli zuccheri trasformati. Stabilito il prezzo del mosto, questo veniva messo in barilotti e da qui portati con carretti in spiaggia, dove venivano messi in mare e ripescati dai velieri, a fine ottocento; successivamente negli anni ’30, il mosto viaggiava via ferrovia in vagoni con i serbatoi, sostituita negli anni ’60 dalle navi vinacciere, che arrivavano a trasportare 600.000 litri di mosto.
E che emozione è stata, per una milanese come me, scoprire, sempre grazie ai racconti di Nele, che ogni lunedì mattina alla Galleria di Milano si teneva l’asta per accaparrarsi il miglior mosto di Nero di Pachino!
Ogni oggetto raccolto da Nele legato alla cultura del vino e della lavorazione dell’uva, racconta un pezzetto di questa storia.
Il Museo, che più che altro è una collezione privata tutelata in gran parte dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, è un gioiello senza tempo ricavato all’interno dell’ antico palmento di famiglia, il luogo in cui avveniva la pigiatura dell’uva per produrre il mosto che per caduta finiva in grandi vasche.
Oltre al Museo si può visitare la cantina, dove si organizzano degustazioni dei vini e degli olii di produzione propria, di sapone al latte d’asina, al fico d’india e al miele, sempre prodotto artigianalmente. Da qualche anno inoltre è teatro di diversi eventi, tra cui la Festa della Pigiatura, ormai giunta alla IV edizione. Oltre alla passione per il vino, Nele ha anche quella dei cavalli. Ne troverete un paio dolcissimi, che occasionalmente accompagnano il padrone di casa a passeggio con la milordina, la carrozza nobiliare di fine ‘800. A farle compagnia, l’immancabile carretto siciliano: quello di Nele risale al 1929, costruito a Sortino dai maestri Zuppardi e Sardo, una vera e propria opera d’arte.
Chi va in cerca dell’ identità di questo territorio, tramutato negli anni dalle serre e dai tunnel di plastica, non può non visitare la casa di Nele.
A chi gli domanda cosa lo ha spinto a sobbarcarsi la raccolta e la gestione di questa collezione, risponde “Siccome ho visto soffrire la gente per questo lavoro, mi è sembrato brutto far dimenticare il passato, i sacrifici dei nostri nonni, dei nostri padri, della mia famiglia che lavora col vino da 100 anni”.S
L’Isola delle Correnti, 36°38’33” di latitudine nord e 15°5’19” di longitudine est, è il luogo più a sud di Europa, sotto il parallelo di Tunisi e di Algeri.
“L’Europa, che comincia a nord con fiumi gelati e popoli dal pensiero lucido e senza vertigini, dopo il gran salto delle Alpi, si ingolfa, da questa parte, nel Mediterraneo e finisce lentamente con la Sicilia. L’Europa che finisce: ecco la Sicilia”.
Così scriveva Vitaliano Brancati.
Per quanto mi riguarda, è un luogo magico, il Finisterre siciliano, una striscia di terra alla fine di un continente, dove guardi l’orizzonte e sai che oltre questo mare c’è l’Africa.
Perché l’Africa la senti in questa sabbia argillosa, nel sole che brucia sulle spalle, nella vegetazione bassa, nei tramonti infuocati.
E’ il luogo dove si incontrano e si scontrano un Mar Jonio blu con capricci bianchi di spuma, con le onde chiare, lunghe e dolci del Mar Mediterraneo, le cui correnti appunto si sfidano perennemente dando vita a questo incredibile fenomeno naturale (per questo la zona è sempre un pò ventosa).
Potete esplorare a piedi l’isola, che è collegata alla spiaggia da un lingua di pietra che in base alle maree si presenta parzialmente sommersa.
E’ affascinante attraversarla, così selvaggia e incontaminata.
Ci troverete cespugli di macchia mediterranea e piante di capperi, il suggestivo faro, una piccola struttura militare in disuso e poche abitazioni, dove un tempo risiedevano il guardiano del faro e la sua famiglia.
E quanto sarete arrivati alla punta sud dell’isola e vi sentirete in mezzo al Mediterraneo, voltatevi: ecco la Sicilia, l’Europa che comincia.
“E quando spunta il sole te ne resti qui a guardare tutto il gioco delle luci che colora questo mare e questi luoghi senza tempo, e tutta l’aria sa di sale, di quello stesso odore che dovevano sentire anche gli antichi naviganti, fini commercianti, grandi conquistatori, pirati senza patria, trafficanti senza scrupoli, ladri di tesori o nobili signori in cerca della loro gloria: se ti tuffi in questo mare fai un bagno nella storia…”
Nel 2000 i miei genitori girarono la Sicilia in macchina, seguendo un itinerario che da Catania tagliava per Palermo, per ridiscendere dalla costa ovest e, superata Agrigento, seguire la costa sud orientale, risalendo a Catania. Quando arrivarono qui, rimasero abbagliati. Comprarono una casa in costruzione e l’anno seguente mi condussero a vederla. Abbiamo dormito in un appartamento in zona Scalo Mandria, a Portopalo di Capo Passero. La mattina quando mi sono svegliata, ho aperto le imposte e ad aspettarmi c’era un caleidoscopio di colori.
Ho cercato negli anni di quantificare le sfumature di azzurri e di verdi che ci regala il nostro mare, ma ancora non ci sono riuscita. Volete provarci voi?
Trovate posto a Scalo Mandria, nella piazza chiamata Terrazza dei due mari proprio davanti all’Isola di Capo Passero, magari sorseggiando un buon calice di Inzolia. Gotevi la brezza di mare, anche se non capirete se arriva dal mar Ionio o dall’Africa.
Se c’è un luogo in cui puoi credere di sentire le sirene, è questo!
L’isola è una autentica perla naturalistica, tra palme nane, gigli di mare, conigli, lucertole, fanelli e cardellini, rughetta marina e gabbiani.
Circumnavigarla in barca è un’esperienza da non perdere. Navigando in senso orario si incontrano i magazzini per le attrezzature della Tonnara di Portopalo, una delle più importanti di Sicilia. Intorno alle costruzioni svettano ancore ormai arrugginite che servivano a fissare al fondo del mare le pesanti reti che conducevano i tonni verso la camera della morte. Appena la costa comincia ad alzarsi, appaiono le prime grotte marine, la più bella è la grotta del polipo. Poco più avanti, la costa diventa bassa e frastagliata e qua e là emergono scogli isolati. Nella sua parte occidentale, c’è una bellissima spiaggia unita a Portopalo da una lingua di sabbia che si intravede a pelo d’acqua: è la dorsale del bassofondo che la unisce “spiritualmente” alla costa siciliana.
La star dell’isola è il Forte Spagnolo, costruito nel 1600 per mettere un freno alle continue scorrerie di pirati e corsari turchi, di fronte al quale svetta la statua bronzea di Maria SS Scala del Paradiso guardiana del mare di Sicilia.
All’entrata di una delle stanze del primo piano, su un’architrave, è scolpito il seguente motto:
“Melius est invidia urgeri quam commiseratione deplorari, 1701” che grossomodo viene tradotta con “meglio sbrigarsi che deplorare con commiserazione gli eventi”.
A sinistra di Scalo Mandria, superate le casette dei pescatori e il Castello Tafuri, trovate uno dei luoghi che esercita su di me maggior suggestione, la Tonnara di Capo Passero.
Anche se finora è stata quasi del tutto abbandonata a se stessa, continua a mantenere un fascino tutto particolare che deriva dalla sua architettura e dal rapporto instaurato con il mare: dovete immaginare come si presentavano la loggia e lo stabilimento per la lavorazione del tonno, la grande fornace, i magazzini delle botti (o del sale), la chiesa del XVII secolo con la croce di Malta, l’abitazione del proprietario e le casette dei tonnaroti, il tutto immerso in uno splendido e verdeggiante orto-giardino.
Se vi aspettate lidi attrezzati, lezioni di acquagym e cocktails da sorseggiare sdraiati sulla riva, cambiate meta!
Vendicari è una riserva protetta, vi si accede rigorosamente solo a piedi da uno dei quattro ingressi (no barca) e non ci sono bar. In cambio avrete mare incontaminato, spiagge di sabbia fine e bianca, uccelli migratori, tartarughe che vengono a deporre le uova e macchia mediterranea con qualche pianta”intrusa” del Nord Africa.
E’ un luogo magico, puro, di una bellezza rara, lontanissimo dai rumori e dalla frenesia cittadina, e, come spesso succede in questa parte della Sicilia, un luogo dove si intrecciano storia, archeologia e una natura prepotente. Un luogo che deve essere conservato intatto e per questo protetto.
La riserva naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari è stata istituita nel 1984 dalla Regione Siciliana. Si trova tra Noto e Marzamemi e si estende per circa 1512 ettari.
I percorsi sono tranquillamente percorribili da tutti. Camminerete costeggiando il mare turchese, tra succulente, ginepro, tamerici e salicornie; finocchio di mare, cicoria spinosa, cespugli a cuscino di timo, di mirto e palme nane.
Un consiglio: sono stata a Vendicari tante volte, ma non l’ho saputa capire davvero finché non l’ho visitata con una guida faunistica, brava, preparata, capace di coinvolgere anche mia figlia di 9 anni. Contattatemi per informazioni.
Troverete:
i pantani: i pantani Piccolo, Grande, Roveto e i due minori (Sichilli e Scirbia, collegati al solo Roveto) sono separati l’uno dall’altro solo da poche decine di metri: essi rappresentano il fulcro della riserva. Tra i tre, solo il Pantano Piccolo non si prosciuga mai, neppure nei periodi di siccità, e ciò grazie alla presenza di sorgenti di acqua salmastra. Pantano Roveto è, invece, il più esteso e la foce che lo collega al mare è solitamente interrata.
i Greci: a sud della Riserva, poco distante dalla spiaggia di Marianelli, sono presenti alcune latomie (cave di pietra) del V sec a.C. utilizzate nell’antica città greca di Eloro per la costruzione di templi e monumenti; poco distante dalla Torre Sveva, in riva al mare, sono presenti delle vasche per la lavorazione del tonno, accanto alle quali è stata coperta anche una piccola necropoli. All’interno della Riserva è visibile anche un tratto dell’antica via elorina, che collegava la città di Eloro e Siracusa.
i Bizantini: sempre a sud di Vendicari, nella zona chiamata Cittadella dei Maccari, si può ammirare La Trigona, una delle più antiche chiese costruite in Sicilia, che come tutte le chiese dell’epoca è a pianta quadra con tre absidi, una cupola superiore e un’apertura a est cosicchè la luce della luna piena potesse entrarvi dando inizio alla santa Pasqua. A poca distanza ,vi sono diverse catacombe risalenti allo stesso periodo ed alcuni resti di abitazioni, segno di un’area densamente popolata.
gli Aragonesi: la Torre Sveva, costruita probabilmente da Pietro d’Aragona, conte di Alburquerque e duca di Noto (1406-1438), è una fortificazione per segnalare e respingere gli attacchi dei pirati Saraceni e Barbareschi, che con le loro continue scorribande saccheggiavano sistematicamente centri abitati e campagne dell’isola. Nel corso dei secoli la struttura venne rinforzata e rimaneggiata, fino ad assumere la forma attuale.
età moderna: la Tonnara di Vendicari, detta anche Bafutu, venne costruita nel ‘700, supportata nella conservazione del tonno dalla presenza delle saline ed era una tonnara di ritorno, cioè una tonnara che pescava i tonni e gli sgombri che dopo la stagione degli amori ritornavano in mare aperto. Alternando periodi floridi a periodi di chiusura, la tonnara fu completamente ristrutturata nel 1914 per essere poi chiusa nel 1943, dopo lo sbarco degli alleati. Nell’isoletta di Vendicari, proprio di fronte la tonnara, c’erano l’abitazione dei Rais, il capo dei pescatori, dove viveva con la sua famiglia e quelle dei proprietari della tonnara. Oggi sono stati restaurati i ruderi diroccati dello stabilimento, i pilastri che ne sorreggevano il tetto, la ciminiera altissima e le case dei pescatori.
Birdwatching: la posizione geografica di Vendicari la rende un luogo ideale di sosta per gli uccelli migratori, che trovano un primo approdo dopo la migrazione primaverile lungo il mediterraneo e di conseguenza l’ultimo punto di ristoro prima dello svernamento autunnale. Le acque dei pantani della Riserva, infatti, accolgono in gran numero le folaghe, cigni reali, oche selvatiche, fischioni, alzavole e germani reali, volpoche, aironi cenerini, sterne e grossi stormi di gabbiani reali, fenicotteri che grazie agli ultimi inverni miti hanno
nidificato.
Fauna: oltre agli uccelli, a Vendicari sono presenti anfibi, come il rospo smeraldino, rettili e la tartaruga palustre siciliana. Sono inoltre tornate a nidificare le tartarughe Caretta Caretta: un segnale importante e un motivo in più per tutelare questa Riserva come un tesoro prezioso; tra i mammiferi sono invece presenti la volpe, il riccio, l’istrice e il coniglio selvatico.
Spiaggia di Calamosche: quando un siciliano originario di queste zone arriva ai Caraibi o su una spiaggia dell’Oceano Indiano, penserà sempre che il “suo” mare non è certo da meno! Calamosche è una caletta sabbiosa delimitata da due promontori rocciosi che fanno da riparo alle correnti, con il risultato di un mare sempre calmo e cristallino. Un’incantevole piscina naturale ideale per fare snorkeling .Nuotando verso la scogliera ai lati del golfetto, dove il fondale è più profondo, grotte, cavità e anfratti ospitano una variegata fauna marina. Vi si accede dalla Riserva con un percorso di circa 4 km, o dalla statale Noto-Pachino (SP19) dove troverete un ingresso dedicato; una volta arrivati al parcheggio attrezzato, bisogna percorrere un sentiero di circa un chilometro. Un piccolo sacrificio ampiamente ricompensato una volta arrivati, quando vi si aprirà davanti ai nostri occhi un luogo incantevole, un vero paradiso naturale!
La Riserva Naturale della Valle dell’Anapo ha il suo accesso più bello della strada Solarino-Sortino-Fusco. Una volta entrati percorrerete la vecchia linea ferroviaria tra Siracusa e Vizzini, in disuso dal 1953, lungo gallerie e una vallata dove scorre appunto il fiume Anapo immersi nella natura incontaminata e incantevole. Di tanto in tanto l’Anapo forma dei laghetti bellissimi da vedere e presso i quali a volte ci sono delle aree picnic in cui ristorarsi e riposarsi. Consiglio di prenotare la visita con una guida autorizzata Aigae per poterne godere appieno.
La Riserva è un’importante attrazione turistico – archeologico – naturalistica della Provincia di Siracusa, dal 2005 iscritta dall’Unesco nella lista dei Luoghi Patrimonio dell’Umanità per la sua straordinaria bellezza naturalistica e per il suo antico quanto enigmatico e semisconosciuto patrimonio storico.
Nel cuore della Riserva si trova la Necropoli di Pantalica, la più grande necropoli neolitica del mondo, con oltre 5000 tombe a grotticella che punteggiano le pareti di questa cava formando cinque necropoli, utilizzate in periodi successivi. Le più antiche sono a pianta ellittica (Necropoli Nord e Nord-Ovest, XIII-Xl sec. a.C.). quelle più recenti (850-730 a.C.) invece a pianta rettangolare. Una peculiarità di queste sepolture è che gli individui vi venivano sepolti a singoli nuclei familiari, a differenza delle solite sepolture a gruppi allargati.
Oltre alla necropoli, troverete una natura ancora incontaminata!
Qui il fiume scava delle gallerie carsiche che si inoltrano per vari chilometri sotto il livello del mare dando vita a stupefacenti grotte (alcuna di esse ancora ampiamente inesplorate).
Il letto del fiume è circondato da una lussureggiante flora di tipo mediterraneo. La ricchezza delle acque ha fatto si che si sviluppasse un’importante ecosistema boschivo formato da alberi secolari querce,platani orientali, frassini, salici, carrubi, olivi, mandorli, pini silvestri o marittimi. Il sottobosco e le pareti montane sono ricchi di numerose piante arbustive e erbacee come: l’ortica iblea (sprovvista di peli urticanti), il giaggiolo, i gigli selvatici, i fichi d’india, l’acanto, l’asparago selvatico, l’oleandro e le rarissime orchidee degli Iblei. Innumerevoli le varietà di piante aromatiche tra cui vanno menzionate la menta selvatica, il crescione, il cappero, l’origano, il rosmarino e la salvia. Accanto ai corsi d’acqua potete trovare ninfea, la rara menta acquatica e il capelvenere.
Nel fiume trovano il loro habitat naturale la trota siciliana, la trota fario e la tinca. Raramente si possono vedere anguille e ranocchi di fiume. Tra gli uccelli rapaci vanno annoverati: il falco pellegrino e l’aquila bonelli che si nutrono di conigli e coturnici. Volpe, martora, donnola ed istrice sono i mammiferi che abitano questi posti. Tra i rettili vanno ricordati il colubro di riccioli e le testuggini terrestri.
Al di sopra dell’ Anapo si erge il monte noto come Sella di Filiporto in cui sono poste numerose rovine come quelle della cosiddetta Anaktoron, ossia il palazzo del Re Hyblon, il sovrano del regno di Pantalica attorno al quale vi sono le rovine di un villaggio fortificato utilizzato anche in epoca greco – romana, mentre nelle pareti limitrofe vi sono i ruderi degli abitati rupestri di epoca bizantina di San Micidario, di San Nicolicchio e del Crocifisso. Non meno interessanti i siti carsici di Grotta Trovata o delle Grotte dei Pipistrelli.
Le origini della Tonnara di Marzamemi risalgono alla dominazione degli Arabi, che intorno all’anno mille impiantarono quella che sarebbe diventata una delle più importanti Tonnara della Sicilia orientale, poichè vi veniva lavorata la maggior parte del tonno pescato nei Mari Ionio e Mediterraneo. Era la seconda per importanza dopo quella di Favignana per il numero di tonni lavorati.
La struttura attuale del borgo risale al periodo che va dalla metà del Seicento alla metà del Settecento ed il Palazzo del Principe è opera del grande architetto Vermexio. L’attività della tonnara si sviluppò negli anni e, successivamente, nei primi del ‘900 fu ampliato lo stabilimento per permettere di lavorare il tonno salato e del tonno sottolio.
L’ambiente che originariamente serviva da ricovero per le grandi barche della tonnara, i cosiddetti scieri, la camperia, oggi è diventato la loggia, un’unica grande sala di circa 750 mq.di fronte all’ampia balata, attraversata dalle antiche arcate di tufo, coperta da un tetto in travi di legno sostenuto da pilastri; sul prospetto principale si aprono due grandi portoni che consentivamo il passaggio degli scieri. La pavimentatura è in basóle di calcare bianco.
La ciurma di mare della tonnara di Marzamemi era una nutrita squadra di quaranta uomini bene addestrati, a cui si aggiungevano due rais, due vicerais, mentre in camperia lavoravano un custode e sei terrazzani, tra i quali il banditore, che si occupa della sveglia mattutina. Il personaggio più importante durante la pesca del tonno è il rais, parola che deriva dall’arabo e che significa “capo, comandante”, in questo caso dei pescatori. Dalla sua muciara, imbarcazione più piccola degli scieri, assumeva il comando generale durante il giorno della pesca, intonando le famose cialome, i canti che scandivano ed accompagnavano l’intera durata della mattanza.
Il lavoro in tonnara era organizzato in due fasi: la pesca effettuata dalla ciurma e dai muciari, guidati dal rais, e la lavorazione a terra effettuata dagli operai guidati da specialisti genovesi. Il tonno pescato, dopo essere stato issato sugli sceri tramite uno scivolo posto alla base del molo, veniva portato all’interno della loggia il cui ingresso ingresso era tornato da due grandi portali. Il tonno veniva poi lavorato dentro i grandi capannoni della tonnara, suddivisi in varie zona a seconda delle mansioni svolte (pulizia, cottura, affumicatura, salatura e infine conservazione sott’olio). Vi era un grande forno dove veniva cotto il tonno, di cui oggi resta solo la grande ciminiera.
La tonnara era dotata di una fabbrica del ghiaccio, l’attuale Pub Balata, che serviva a rifornire la numerosa flotta di pescherecci che sostavano nel porto per mantenere fresco il pesce, che col caldo estivo era soggetto ad un rapido deterioramento.
La Loggia comunica direttamente con il cortile privato, che attraverso l’antico portone si apre sulla magnifica piazza Regina Margherita. Qui, dove veniva fatta asciugare la grande rete, sorge la chiesa, esterna al gruppo edilizio della tonnara, dedicata a San Francesco di Paola, patrono dei pescatori, con abside, altare centrale e, all’epoca, due laterali di statue della Madonna di Pompei, di Sant’Antonio da Padova, di San Francesco di Paola e alcune tele che rappresentavano San Simone e le anime del Purgatorio.
La cappella di San Francesco di Paola, a servizio del centro marinaro, è attualmente costituita dai soli muri perimetrali; tuttavia la chiesetta mostra molti elementi architettonici originari. Il rosone aperto sul cielo e la torre campanaria vuota sono il simbolo del tramonto dell’antico microcosmo di Marzamemi.
Oggi la Tonnara, il Palazzo di Villadorata ed i magazzini adiacenti sono stati recuperati, grazie ad un’ attenta ristrutturazione, e riutilizzati in parte come alloggi per turisti ed in parte come location per eventi e banchetti di matrimoni in stile siciliano. Il Borgo è costituito da tante casette basse costruite con pietra arenaria locale di fronte al mare. Le cosiddette casette dei pescatori, un tempo alloggi per i lavoratori della Tonnara, si sviluppano tutte intorno alla Tonnara, alla Piazza Regina Margherita e al Cortile Arabo.
Camminare per il Borgo di Marzamemi lascia sempre incantati, con i suoi vicoli stretti, illuminati dalla calda luce del sole, all’orizzonte di ogni vicolo il blu intenso del mare, con l’aria che sa di sale e di quell’antico e importante mestiere ricco di fascino, che è la pesca.
Potete degustare e acquistare i prodotti ittici di tonnara da Adelfio e da Campisi Conserve.
*Fonti: Annalena Lippi Guidi,TONNARE TONNAROTI e MALFARAGGI DELLA SICILIA SUD-ORIENTALE, Zangarastampa Siracusa; Salvo Sorbello, LA PESCA DEL TONNO, Emanuele Romeo Editore
Come tutte le aree metropolitane del XXI secolo, anche Marzamemi risente di una serie di problemi che vanno affrontati prima possibile, per migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti e dei viaggiatori che vorrebbero goderne.
Non posso che ringraziarvi Giada e Edoardo della bellissima esperienza,ci avete fatto sentire a casa.
La colazione consumata su una bellissima terrazza dove si vede la bellezza del borgo,e per non parlare dei dolci fatti da Giada che ti accoglie ogni mattina soddisfando ogni tuo desiderio.
Ringrazio anche Edoardo per averci fatto trascorrere una gita in barca,e del benissimo pranzo (linguine con bottarga di tonno e pomodori secchi).
(Translated by Google)
I can only thank you Giada and Edoardo for the wonderful experience, you made us feel at home.
Breakfast consumed on a beautiful terrace where you can see the beauty of the village, and not to mention the desserts made by Giada who welcomes you every morning satisfying your every desire.
I also thank Edoardo for allowing us to spend a boat trip and a wonderful lunch (linguine with tuna bottarga and dried tomatoes).Gianluca Biggera1 September 2024
Mary Oliveira18 August 2024
Struttura situata nel cuore di Marzamemi e resa unica dalla terrazza che affaccia sulla piazzetta di Marzamemi e sul mare.
Nonostante i rumori del centro, le stanze sono ben insonorizzate. La proprietaria è super gentile e disponibile e le sue colazioni sono veramente notevoli.
(Translated by Google)
Structure located in the heart of Marzamemi and made unique by the terrace overlooking the small square of Marzamemi and the sea.
Despite the noise of the centre, the rooms are well soundproofed. The owner is super friendly and helpful and her breakfasts are truly remarkable.Giusi Bivona17 July 2024
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